A molti di noi è capitato di dover far svolgere dei lavori in casa, anche piccoli magari.
Spesso con qualche problemino, ahimè, in corso d’opera.
Che si tratti di un faretto malfunzionante, di una parete intonacata male, o anche solo di una piastrella montata storta, si tratta sempre di rogne, con tutti i disagi e ritardi del caso.
In queste situazioni mi sono trovato troppo spesso davanti a situazioni difficili, non tanto per la complessità della materia, ma a causa della poca accortezza del cliente.
La prima domanda, la più importante, che rivolgo al cliente, infatti è: “ha denunciato i vizi alla ditta?”
Ed è qui che, nella maggior parte dei casi, nasce il problema.
Giova a questo punto una brevissima premessa in tema di contratto di appalto e denuncia dei vizi: il codice civile prevede che debbano essere denunciati entro 60 giorni dalla scoperta, ossia da quando ci si accorge dell’esistenza dell’anomalia.
Ciò che crea l’ostacolo più grande è proprio il comportamento del cliente/committente in questa fondamentale fase di denuncia.
La risposta più frequente, infatti, è: “Sì, sì, l’ho chiamato per dirglielo”.
Purtroppo nel nostro ordinamento tale comunicazione, verbale, ha valore pari a ZERO davanti ad un Giudice.
Nel caso in cui ci si rivolgesse ad un Giudice, infatti, la controparte di certo contesterebbe di aver mai ricevuto la denuncia prescritta dalla legge.
Non potendo io, a quel punto, provare l’avvenuta denuncia, rischierei di trovarmi in una situazione paradossale: non solo ho subito un danno, che nessuno mi risarcirà, ma per di più potrei andare a perdere la causa, con tanto di addebito delle spese legali!
Ciò appare ancora di più un peccato se si pensa che tutti questi problemi avrebbero potuto essere risolti con una semplice raccomandata con ricevuta di ritorno!
I vizi, come detto, devono essere denunciati entro 60 giorni dalla scoperta: l’unico modo per poter provare in maniera assolutamente inattaccabile la denuncia è avere una ricevuta che attesti l’invio e la ricezione di detta comunicazione!
È un’operazione banale, si perde qualche manciata di minuti per scriverla ed altrettanti per fare la coda in posta, ma se si pensa a quanto si guadagna (o non si perde) dopo, è facile comprendere quanto quei minuti possano essere considerati molto ben spesi.
Unica alternativa equiparabile è l’invio di una PEC (posta elettronica certificata), purché anche la ditta abbia una PEC attiva.
Viceversa CONSIGLIO sempre e comunque la raccomandata con ricevuta di ritorno.
NON vi affidate, pertanto, ad ulteriori strumenti quali:
- SMS;
- WhatsApp;
- Email.
Essi, benché quantomeno rappresentino una “prova scritta” di invio, non hanno lo stesso valore giuridico, in quanto non forniscono la prova della ricezione (neanche le “spunte blu” di WhatsApp 😉).
In questi casi il caldissimo consiglio che posso darvi è: NON RISCHIATE!
Basta poco per essere tutelati! In ogni caso, come sempre, siamo a Vostra disposizione per ogni approfondimento o suggerimento, ricordando che prevenire è meglio